Le opzioni di trattamento della malattia di La Peyronie possono essere sia conservativi che chirurgici. La corproroplastica di raddrizzamento complessa è una di queste.
La terapia conservativa è a tutt’oggi oggetto di controversie, lo scopo di queste terapie è quello di diminuire il dolore e rallentare lo sviluppo della placca.
I farmaci orali maggiormente usati sono: pentossifillina, l’arginina, la carnitina e il potaba.
Vengono alle volte usati dei trattamenti con iniezione di verapamil direttamente nella placca.
Obiettivi:
La chirurgica “DEVE” essere eseguita con la malattia in fase di quiescenza/stabilità. Questo vuol dire che i dolori in fase di erezione non devono essere presenti, e non devono esserci evoluzioni della curvatura o della disfunzione erettile.
L’ intervento di raddrizzamento del pene prende il nome di “corporoplastica” e si basa su presupposti geometrici. Il pene è un organo a forma di cilindro. Nel pene curvo si possono descrivere due lati di differenti lunghezze: uno più corto ed uno più lungo. Il raddrizzamento può essere ottenuto chirurgicamente tramite due strade: accorciare il lato lungo o allungare il lato corto.
FAI IL TEST SULLA DISFUNZIONE ERETTILE
L’accorciamento del lato lungo è tecnicamente un intervento più semplice e meno invasivo. Viene effettuato comunemente la tecnica di Nesbit che consiste nell’ asportazione di una losanga di tonaca albuginea.
L’unico “svantaggio” di questa procedura nell’accorciamento del pene che è direttamente proporzionale al grado di curvatura.
Pertanto per curvature particolarmente accentuate si tende a non utilizzare questo tipo di approccio.
Intervenire sul lato concavo del membro è sicuramente più complesso. Si incide lato corto del pene (dove è presente la placca) e l si pratica ’innesto di un “graft” .
La natura di questo innesto potrà essere autologa, ossia prelevato da un tessuto del paziente stesso (come nel caso della vena safena, della mucosa buccale, o della fascia dei muscoli retti dell’addome)
Quando invece si va ad intervenire con un innesto di natura eterologa, ossia essere costituito da un materiale protesico biocompatiible.
Tuttavia, richiedendo una apertura e perdita di sostanza della tunica albuginea, talvolta consistente, può causare un perdita della qualità erettiva fino al 20%.
Inoltre, a seguito delle manipolazioni e stiramenti (non danneggiamenti) a cui è sottoposto il fascio nervoso del pene possono insorgere, anche se temporanee, parestesie o ipoestesie post operatorie (perdita di sensibilità del pene).
Nel caso di preesistente deficit di erezione è possibile (contestualmente o in secondo tempo) l’impianto di un dispositivo protesico che consenta di avere erezioni valide e durature.