Disfunzione erettile, intervista del Dr. Dente su Radio Roma Capitale – VIDEO

Il Dr. Dente intervistato su Radio Roma Capitale sul tema della Disfunzione erettile: la terapia su misura per ogni paziente

Il termine “impotenza” comprende una enorme varietà di alterazioni dell’erezione, che vanno dall’eiaculazione all’orientamento e alla preferenza sessuale. Queste condizioni vengono descritte come “DISFUNZIONE ERETTILE” (DE) che secondo l’OMS è definita come: “l’incapacità di raggiungere una erezione atta consentire un rapporto che porti alla reciproca soddisfazione di entrambi i partner”.





E’ quasi impossibile poter definire accuratamente la popolazione affetta da DE, dato che gran parte di questa non richiede aiuto o consigli allo specialista rimanendo non censita.

La prevalenza della DE non è purtroppo ben documentata. Di sicuro si è capito che l’incidenza è correlata all’età, e che il problema è molto diffuso nella società occidentale; le stime indicano infatti che solo negli Stati Uniti ne sono affetti tra i 10 e i 18 milioni di persone, se si calcola l’incidenza dell’ordine del 10% nella popolazione generale, nel regno unito 2-3 milioni di persone dovrebbero soffrire di DE.

Al giorno d’oggi l’idea cardine è che la DE sia una complessa interazione tra problemi di natura fisica e psichica. Un’ ampia gamma di malattie e fattori esterni è associata ad essa: diabete mellito, fumo di sigaretta, ipertensione, malattie cardiovascolari, infatti più del 45% degli uomini che hanno avuto un infarto del miocardio sviluppano una impotenza sessuale, fattori psicologici, che hanno un ruolo fondamentale nell’incapacità erettile in quanto gli uomini e il loro partner tendono a temere la pratica dell’atto sessuale, alcool, infatti esistono prove che l’alcool riduce il livello di testosterone e innalza quello di estrogeni, e che ancora ha effetti sulla funzione nervosa periferica che possono risultare dannosi per la DE.

Molto stretta è anche l’associazione che esiste tra diverse malattie neurologiche e disfunzione erettile,  per esempio sclerosi multipla ed epilessia.  Per cercare di porre diagnosi di DE bisogna considerare diversi aspetti eziologici che possono interessare uno o entrambi i partner: Fumo, Alcool, Obesità, Dislipidemia, Ipertensione, Disturbi cardiovascolari.



Una storia clinica dettagliata sicuramente è molto importante perché può rivelare la causa del problema

Bisogna prima di tutto cercare, attraverso una corretta e capillare anamnesi, di capire cosa il paziente intende per “impotenza” e qual è la fonte precisa dell’insoddisfazione, infatti i problemi di una coppia possono essere anche derivanti da una delusione di uno o entrambi i partners o non essere derivanti da cause organiche.

Nel considerare la funzione erettile è necessario stabilire durata e modalità d’esordio così come la sua attuale gravità che deve essere valutata sia sotto l’aspetto strettante fisico che sotto l’aspetto negativo che può aver arrecato al rapporto col partner.

Altro fondamentale passo nell’approccio alla disfunzione erettile è l’esame fisico obiettivo, deve essere quindi posta la massima attenzione a segni clinici ed effettuare gli esami ematochimici e strumentali (ove previsto dalle linee guida internazionali) per ottenere una diagnosi corretta.

Al momento successivo si viene a porre il problema dell’impostazione della terapia, ovvero il “tailoring di quest’ultima” sul paziente, quindi una terapia che si adatti sartorialmente alle esigenze di patologia e di vita.

Se la DE è di natura psicogena, un consulente sessuologo, associato ad una terapia daily di PDE5 (inibitori delle 5-alfa-reduttasi) come supporto all’atra terapia. Qualora invece la DE sia di natura organica, allora la terapia si articola in vari punti. I PDE5 a tutt’oggi sono la prima linea terapeutica, e grazie all’uscita di molecole con diversi meccanismi di azione, il tipo di farmaco più adatto deve essere prescritto in base allo stile di vita del paziente.

Molti dei pazienti, trovano enorme beneficio da questo tipo di terapia quindi continuano con essa per lungo tempo o addirittura per tutta la vita.

Oggi associato alla terapia farmacologica con PDE5 (daily/on demand) c’è la terapia con ultrasuoni a bassa intensità, già supportata da abbondante letteratura e presente nella linee guida della European Association of Urology (EAU) e American Urology Association (AUA).

Le proprietà angiogenetiche che consentono la formazione di nuova vascolarizzazione a livello del pene determinando ripetuti microtraumi a livello delle membrane cellulari, permettono un maggior afflusso di sangue al momento dell’eccitazione consentendo erezioni più forti e durature.

Nei tipi di pazienti che, anche anche con terapia farmacologia ad alti dosaggi, non hanno delle erezioni valide, possono essere sottoposti alla seconda linea terapeutica: Iniezioni intracavernose con Alprostadil.

Associato al primo step terapeutico è possibile associare il trattamento con delle onde d’urto a bassa intensità in quanto dosi di energia eccessive possono essere controproducenti, causando danno al tessuto cavernoso e addirittura peggioramento della patologia.

La bassa intensità delle onde d’urto ha delle proprietà angiogenetiche che consente la formazione di nuova vascolarizzazione a livello del pene determinando ripetuti microtraumi a livello delle membrane cellulari, permettendo un maggior afflusso di sangue al momento dell’eccitazione consentendo erezioni più forti e durature.

I trattamenti sono locali, e richiedono vari cicli scadenzati nel tempo e vari tipi di protocolli terapeutici che possono essere impiegati per la terapia con onde d’ urto.

Tali protocolli variano a seconda del tipo di sonda utilizzabile (focale o lineare), periodicità del trattamento (una volta a settimana o bisettimanale) e durata del trattamento. Gli studi effettuati hanno dimostrato che i risultati migliori sono ottenibili con cicli di trattamento frequenti e di lunga durata. In particolare il miglior protocollo sperimentato consiste in 6-12 sessioni cadenzate nell’ arco di 5-10 settimane.

Tuttavia esistono anche protocolli “intensivi” per chi è fortemente motivato o chi ha poco tempo con risultati sovrapponibili ai trattamenti più lunghi. Il  secondo step terapeutico, dunque, è l’utilizzo di iniezioni di prostaglandine (vasodilatatori) nel pene attraverso un sottilissimo ago prima del rapporto sessuale.

Ovviamente questa terapia, più invasiva è spesso non ben accolta dal paziente. I casi di drop-out terapeutico sono solitamente per difficoltà nel praticarsi l’iniezione da soli, dolori all’erezione, sensazione di eccessiva medicalizzazione.

Attualmente è disponibile anche una nuova formulazione di prostaglandine che possono essere, non iniettate ma instillate nella fossa navicolare  grazie ad una formulazione liquida al alta viscosità che attraverso un carrier viene assorbito dal tessuto spongioso del glande.

La protesi

Infine per quei pazienti che non hanno beneficio nemmeno dalla seconda linea di terapia o che rifiutano il trattamento perchè troppo invasivo e scomodo nell’attuazione, c’è la terapia chirurgica che consiste nell’inserimento di una protesi nel pene. La protesi funziona attraverso un sistema  idraulico composto da 3 componenti:

I cilindri che sono posizionati all’interno dei corpi cavernosi

La pompa alloggiata all’interno dello scroto

Il reservoire (serbatoio riempito con soluzione fisiologica) che viene posizionato, a seconda delle esigenze, nello spazio di retzius o intraperiotnealmente

Questi tre componenti formano un meccanismo idraulico che attraverso la pressione pompa (unico componente ad essere percepito dal paziente) il liquido, dal reservoire passa ai cilindri facendoli gonfiare e generando un’erezione. Questa è solo l’ultima opzione terapeutica, che l’inserimento di un “corpo estraneo” nel corpo è una procedura chirurgica che deve essere eseguita da mani esperte per ridurre al minimo possibile il rischio di complicanze

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