Per quanto riguarda il tumore del pene l’intervento, fino a qualche anno fa, era piuttosto drastico e oltremodo traumatico, per il paziente.
L’unico trattamento era di tipo chirurgico demolitivo. Esso comprendeva l’amputazione dell’organo genitale (pene) e la rimozione dei linfonodi inguinali superficiali e profondi.
Questo causava, oltre che gravi mutilazioni, anche non poche complicanze derivanti dall’intervento chirurgico.
Ad ognu buon conto, è sempre meglio specificare come, nonostante la presenza di tecniche e trattamenti all’avanguardia come, ad esempio, il trattamento chirurgico mini-invasivo, in alcuni casi particolarmente aggressivi è necessario intervenire in maniera più incisiva, così da poter salvare la vita al paziente.
Tuttavia, oggi è possibile (sempre compatibilmente alla sicurezza oncologica) un trattamento di chirurgica mininvasiva e ricostruttiva che permette di poter rimuovere la malattia, consentendo al paziente una qualità della vita (anche sessuale) che in passato non riusciva ad avere.
La tecnica mininvasiva è possibile quando ci sono malattie che invadono solo gli strati superficiali del glande (Carcinoma In Situ/CIS) o al massimo il primo strato sottostante (Spongiosa del glande).
L’intervento consiste nella rimozione microchirurgica della cute del glande, o di cute e spongiosa insieme, andando a ricostruire la parte amputata con un lembo di pelle prelevato dal paziente stesso (innesto di pelle autologo).
Questa tecnica, nonostante un ottimo controllo oncologico della malattia permette di poter aver un ottimo risultato estetico e funzionale, consentendo al paziente di avere un pene e una qualità della vita sessuale sovrapponibile a prima dell’intervento.