La disfunzione erettile (DE) viene definita come “l’incapacità di raggiungere un’erezione atta consentire un rapporto che porti alla reciproca soddisfazione dei partner”.
Purtroppo, è quasi impossibile poter definire accuratamente la popolazione affetta da questa patologia.
Di sicuro, però, si è capito che l’incidenza è correlata all’età, e che il problema è molto diffuso nella società occidentale; le stime indicano infatti che solo negli Stati Uniti ne sono affetti tra i 10 e i 18 milioni di persone, mentre nel Regno Unito 2-3 milioni di persone dovrebbero soffrire di DE.
Quando si parla di disfunzione erettile, un ruolo centrale è assunto dalla cosiddetta “ansia da prestazione” la quale, purtroppo, determina un effetto inibitorio sull’erezione ed è frequente nei giovani alle prime esperienze oppure, addirittura, a seguito di un primo “fallimento” nei rapporti sessuali.
Altra causa può essere una scarsa intesa col partner.
Difatti, qualora la causa sia di origine psicologica, vi possono essere notevoli differenze a seconda del comportamento della/del partner e dell’ambiente in cui si svolge il rapporto; in tal caso, spesso, la mancanza di erezione è determinata dalla percezione inconscia di rifiuto da parte della/del partner.
La disfunzione erettile di natura psicologica non è una condizione permanente paragonabile ad una malattia o ad un’invalidità; persone che non riescono ad avere la minima reazione erettiva con una/un partner, possono tranquillamente averne di normalissime con altri.
A conferma di questo, basta pensare a come la disfunzione erettile di natura psicologica non sussista nel momento in cui ci si trova a praticare autoerotismo.
Una recente ricerca italiana ha individuato un significativo legame tra la disfunzione erettile e la difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni (alessitimia).
Le cause organiche possono essere di tipo endocrino (ipogonadismo, iperprolattinemia, sindrome di Cushing, carenza di somatotropina), di tipo vascolare (sia di natura venosa che arteriosa), di tipo neurologico (Parkinson, Alzheimer, traumi spinali, neuropatia periferica), legati a malattie croniche (diabete, insufficienza renale o epatica), derivanti dall’uso di farmaci (cortisone, psicofarmaci, antipertensivi) o da trattamenti medici (prostatectomia radicale, cistectomia, radioterapia per cancro prostatico).
Sono stati infine riconosciuti numerosi fattori di rischio che aumentano la probabilità di insorgenza della DE. Tra questi ci sono, senza dubbio, l’età, il fumo, il consumo cronico di alcol e droghe, la carenza di esercizio fisico, l’ipercolesterolemia e l’obesità.
La diagnosi è inizialmente clinica, e viene effettuata nell’ambito di una visita specialistica, condotta da andrologo esperto.
La raccolta accurata di dati anamnestici (storia clinica e possibile presenza di fattori di rischio) e relativi allo stile di vita e la compilazione del questionario IEEF sono fondamentali per l’inquadramento iniziale.Associate a tutto questo ci sono esame urine, emocromo (esclude presenza di anemia), dosaggio di colesterolo e trigliceridi (per verificare il rischi di patologia aterosclerotica sistemica che può essere indice di minore afflusso di sangue al pene in fase di erezione), testosterone, Prolattina, LH, FSH, SHBG.
FAI IL TEST PER LA DISFUNZIONE ERETTILE
Abbiamo un ampio ventaglio di possibili terapie per trattare questo tipo di patologia.
Premesso di aver effettuato correttamente la diagnosi e di aver corretto lo stile di vita del paziente, in base al tipo di disfunzione erettiva (Vascolare o psicogena), naturalmente.
La terapia psicosessuologica costituisce la scelta migliore, in presenza di questa particolare condizione. A questa, poi, laddove necessario, è possibile associare anche la somministrazione di farmaci a base di enzimi come il PDE-5.
In caso di disfunzione erettiva su base vasculopatica vengono direttamente utilizzati i farmaci della classe delle PDE5 (inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5).
principali nomi commerciali dei farmaci di questa particolare classe sono Viagra, Cialis, Levitra e Spedra tutti con caratteristiche simili, ma con tempi di azione diversi, che consentono all’andrologo che ne padroneggia le caratteristiche, di poter prescrivere il presidio che si adatta più facilmente al tipo di attività del paziente.
Tali farmaci inducono la vasodilatazione del pene, amplificano la risposta ai consueti stimoli erotici e sono in grado di determinare uno stato di erezione soddisfacente.
Questi farmaci per la disfunzione erettile presuppongono tuttavia che vi sia un normale stimolo sessuale.
Attenzione, però! Questi medicinali non possono essere assunti in associazione con i nitroderivati, comunemente impiegati per il trattamento dell’angina pectoris.
Nel caso in cui la terapia farmacologica per OS (pillole assunte per bocca) non avesse effetto (cosa che avviene in circa il 30% dei pazienti, a causa dei fattori di rischio concomitanti com diabete, ipertensione, alti livelli di colesterolo e trigliceridi) la farmacoterapia intracavernosa (FIC) è il passo successivo.
Essa consiste nella iniezione di prostaglandine, che sono farmaci vasodilatatori, direttamente all’interno dei corpi cavernosi del pene.
Questa terapia viene usata da sola (come terapia di secondo livello) in caso di fallimento di quella con PDE-5. Tuttavia, questa può essere utilizzata in associazione con i suddetti farmaci in caso di percorso riabilitativo post intervento chirurgico pelvico maggiore.
La peggiore complicanza derivante da questa terapia è il priapismo (erezione prolungata e dolorosa), che richiede l’accesso in pronto soccorso in regime di urgenza.
Il vacuum device è un apparecchio cilindrico che viene utilizzato per indurre l’erezione.
Questo strumento è formato da un cilindro di plastica all’interno di cui va inserito il pene. Attraverso un piccolo motorino collocato all’estremità dell’apparecchio tesso, viene aspirata tutta l’aria all’interno del cilindro che, determinando pressione negativa, attira sangue venoso all’interno dei corpi cavernosi generando così l’erezione
Una volta raggiunta l’erezione, un anello elastico viene applicato alla base del pene al fine di impedire il deflusso del sangue mantenendo un’erezione che consenta di avere un rapporto.
Una volta terminato il rapporto (che non deve auspicabilmente essere più di 30 minuti) rimuovere l’anello per evitare lesioni vascolari maggiori del pene.
L’ultimo passo nella terapia per la disfunzione erettiva è il posizionamento chirurgico di una protesi peniena.
Questa soluzione, anche se viene ancora considerata come un “tabù”, in realtà è una validissima opzione terapeutica, riconosciuta e standardizzata a livello mondiale.
Grazie a questo presidio il paziente può, a prescindere dai fattori di rischio, avere delle erezioni durature e soddisfacenti.
Le protesi peniene sono costituite da due cilindri che vengono inseriti nei due cilindri naturali del pene: i “corpi cavernosi”.
Abbiamo 2 tipi di prostesi:
Malleabili: sono prostesi costituite da 2 cilindri di silicone, che garantiscono un’erezione valida per un rapporto soddisfacente, con un’anima rigida all’interno in grado di essere flessa a piacimento per riporre il pene negli slip in maniera discreta
Tricomponenti o idrauliche: protesi di sicura maggior complessità tecnologica.
Questo tipo di presidio è un circuito chiuso con all’interno della semplice soluzione fisiologica, ed è costituito da 2 cilindri che vengono alloggiati nel pene, un pompetta alloggiata nello scroto in mezzo ai due testicoli e un serbatoio che contiene il liquido all’interno dell’addome.
La protesi viene attivata da una lieve pressione della pompetta che attiva il meccanismo idraulico portando il liquido dal serbatoio ai cilinfri, procurando un’erezione completa.
Dopo il rapporto il paziente utilizzando un piccolo pulsante vicino alla pompetta di sgonfiare il pene riportandolo ad una flaccidità naturale.
Le prostesi ormai hanno raggiunto un grado di affidabilità molto alto, scarso tasso di infezioni e con i nuovi studi sui materiali scarsissime possibilità di rottura.